XXI Domenica del tempo ordinario (21 agosto 2016)  

Sforzatevi di entrare per la porta stretta


Dal Vangelo secondo Luca (Lc 13, 22-30)
In quel tempo, Gesù passava insegnando per città e villaggi mentre era in cammino verso Gerusalemme. Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?». Disse loro: «Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno. Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: "Signore, aprici!". Ma egli vi risponderà: "Non so di dove siete". Allora comincerete a dire: "Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze". Ma egli vi dichiarerà: "Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!”. Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio, voi invece cacciati fuori. Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi».

Prima Lettura (Is 66, 18-21)
Dal libro del profeta Isaia
Così dice il Signore: «Io verrò a radunare tutte le genti e tutte le lingue; essi verranno e vedranno la mia gloria. Io porrò in essi un segno e manderò i loro superstiti alle popolazioni di Tarsis, Put, Lud, Mesec, Ros, Tubal e Iavan, alle isole lontane che non hanno udito parlare di me e non hanno visto la mia gloria; essi annunceranno la mia gloria alle genti. Ricondurranno tutti i vostri fratelli da tutte le genti come offerta al Signore, su cavalli, su carri, su portantine, su muli, su dromedari, al mio santo monte di Gerusalemme - dice il Signore –, come i figli d'Israele portano l'offerta in vasi puri nel tempio del Signore. Anche tra loro mi prenderò sacerdoti levìti, dice il Signore».

Seconda Lettura (Eb 12, 5-7.11-13)
Dalla lettera agli Ebrei.
Fratelli, avete già dimenticato l'esortazione a voi rivolta come a figli: «Figlio mio, non disprezzare la correzione del Signore e non ti perdere d'animo quando sei ripreso da lui; perché il Signore corregge colui che egli ama e percuote chiunque riconosce come figlio». È per la vostra correzione che voi soffrite! Dio vi tratta come figli; e qual è il figlio che non viene corretto dal padre? Certo, sul momento, ogni correzione non sembra causa di gioia, ma di tristezza; dopo, però, arreca un frutto di pace e di giustizia a quelli che per suo mezzo sono stati addestrati. Perciò, rinfrancate le mani inerti e le ginocchia fiacche e camminate diritti con i vostri piedi, perché il piede che zoppica non abbia a storpiarsi, ma piuttosto a guarire.

Omelia
“Signore, sono molti o pochi quelli che si salvano?”. Gesù non risponde direttamente alla domanda di quel tale, lascia la risposta al mistero della misericordia del Padre; tuttavia, stimola all’impegno e mette in guardia dalla presunzione: “Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno”. Sono parole che inquietano, tanto più che poi, nell’evoluzione del racconto, la porta, da stretta, diventa chiusa. Ma come! È tutta la vita che cerco di entrare per quella porta e tu ora, Signore, mi dici: “Non so di dove sei?”.
1.
La porta è stretta perché si identifica solo con Gesù. L’ha detto lui: “Io sono la via, la verità e la vita”. Egli è l’unica via che conduce al cuore di Dio, l’unica verità che salva, l’unica vita che riempie di gioia. Per passare da quella porta ci è richiesto di aderire a lui; non con una fede superficiale, esteriore, ma con un’adesione del cuore che ci innesti nel suo amore e ci porti a fare della vita un dono, come ha fatto lui, fino alla croce!
La fede che si contenta di celebrare riti e osservare precetti non salva; Gesù ci chiede di cambiare il cuore, di entrare nel cerchio del suo amore. “Se quelli della nostra casa, della nostra strada, della nostra città avranno ancora sempre fame, avranno ancora sempre freddo, se saranno sempre così tristi, così ottenebrati, se saranno sempre così soli, noi saremo forse degli eroi, ma non saremo di quelli che amano Dio” (M. Delbrel, La gioia di credere).
2.
La porta è stretta perché richiede fatica. Il giorno del nostro Battesimo i nostri genitori e padrini si sono impegnati a rinunciare a Satana e a tutte le sue opere e seduzioni; e noi sperimentiamo ogni giorno come sia difficile lottare contro le tentazioni, sia quelle suadenti che quelle disperanti. Ma se non facciamo spazio, se non ci liberiamo dagli idoli, la grazia di Cristo non riuscirà a trovare casa dentro di noi
3.
La porta è stretta, ma tutti sono chiamati ad entrarci. Lo dice Gesù nel Vangelo: “Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel Regno di Dio”. Si tratta certamente dei cristiani, ma anche, come ci ha insegnato il Concilio Vaticano II, di tutti gli uomini di buona volontà, a qualsiasi religione appartengano, che non pongano ostacoli all’attrazione d’amore del Cristo. Infatti, i confini della vera Chiesa di Gesù passano all’interno delle coscienze; la sua appartenenza decisiva non si esprime nella pratica esteriore, ma nella conversione del cuore.
4.
La porta è stretta, ma apre alla felicità. È una felicità che troveremo un giorno, in Paradiso; ma che possiamo sperimentare anche qui, su questa terra, perché l’amore ha la forza di trasfigurare ogni cosa.

 

   Assunzione della Beata Vergine Maria (15 agosto 2016)  

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 1, 39-56)
In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
Allora Maria disse:
«L’anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente
e Santo è il suo nome;
di generazione in generazione la sua misericordia
per quelli che lo temono.
Ha spiegato la potenza del suo braccio,
ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili;
ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote.
Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia,
come aveva detto ai nostri padri,
per Abramo e la sua discendenza, per sempre».
Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua.

Prima Lettura (Ap 11,19;12,1-6.10)
Dal libro dell'Apocalisse di san Giovanni apostolo
Si aprì il tempio di Dio che è nel cielo e apparve nel tempio l'arca della sua alleanza. Un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle. Era incinta, e gridava per le doglie e il travaglio del parto. Allora apparve un altro segno nel cielo: un enorme drago rosso, con sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi; la sua coda trascinava un terzo delle stelle del cielo e le precipitava sulla terra. Il drago si pose davanti alla donna, che stava per partorire, in modo da divorare il bambino appena lo avesse partorito. Essa partorì un figlio maschio, destinato a governare tutte le nazioni con scettro di ferro, e suo figlio fu rapito verso Dio e verso il suo trono. La donna invece fuggì nel deserto, dove Dio le aveva preparato un rifugio. Allora udii una voce potente nel cielo che diceva: «Ora si è compiuta la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio e la potenza del suo Cristo».

Seconda Lettura (1Cor 15, 20-26)
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi.
Fratelli, Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti. Perché, se per mezzo di un uomo venne la morte, per mezzo di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti. Come infatti in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti riceveranno la vita. Ognuno però al suo posto: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo. Poi sarà la fine, quando egli consegnerà il regno a Dio Padre, dopo avere ridotto al nulla ogni Principato e ogni Potenza e Forza. È necessario infatti che egli regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi. L'ultimo nemico a essere annientato sarà la morte, perché ogni cosa ha posto sotto i suoi piedi.

Omelia
“Vergine, cattedrale del Silenzio,
anello d’oro
del tempo e dell’eterno:
tu porti la nostra carne in paradiso
e Dio nella carne” (D. M. Turoldo)

Maria è l’anello d’oro, dove il tempo e l’eternità si congiungono; l’anello d’oro dove si passano le frontiere, carne di donna in Paradiso, carne di Dio sulla terra; l’anello d’oro che avvicina il Cielo, che innalza la Terra (cf. E. Ronchi).
1.
Il 1° novembre 1950, Pio XII ha definito il dogma dell’Assunta: “Maria, terminato il corso della vita terrena, fu assunta alla gloria in anima e corpo”. L’assunzione di Maria è la vocazione di tutta l’umanità. Lei, nostra sorella maggiore, è andata avanti: il suo destino è il nostro; nel suo dogma sta il nostro futuro.
Ma, ahimè, la vita eterna suscita così poco interesse fra i cristiani, perché a volte la pensiamo come una vita diminuita rispetto a questa: anima senza corpo, spirito senza cuore, cuore senza emozioni. Ma non è così! Lo diciamo nel Credo: “Aspetto la risurrezione dei morti”; nell’antico simbolo degli Apostoli, che professiamo in Quaresima, diciamo anche più esplicitamente: “Credo nella risurrezione della carne”. E’ la risurrezione di questo corpo, con le sue pesantezze e fatiche, la sue gioie, la sua memoria, le sue trasfigurazioni (cf. E. Ronchi).
2.
Una prima icona che ci offre la Liturgia di oggi per entrare nel mistero dell’Assunta è quella del salmo 45, letto come salmo responsoriale:
“Il re è invaghito della tua bellezza.
E’ lui il tuo Signore: rendigli omaggio.
Entra la figlia del re: è tutta splendore,
tessuto d’oro è il suo vestito.
Dietro a lei le vergini, sue compagne
Condotte in gioia ed esultanza
Sono presentate nel palazzo del re”.
Si tratta di un salmo regale, composto forse in occasione del matrimonio del re; il salmo augura al re la benedizione di Dio e poi descrive la regina e le sue ancelle. Nella visione trasfigurata della Liturgia, questa scena diventa quella di Maria che entra in Paradiso, insieme a tutta l’umanità. Ci dice che la nostra vita, nonostante tutte le fatiche e i fallimenti, è un pellegrinaggio gioioso verso la vita. E lei, Maria, è in testa a questo immenso corteo: lei è la sorella che è andata avanti e noi la seguiamo, come amici, in danze di gioia, verso la nostra casa futura, verso la casa del re, invaghito della sua e della nostra bellezza (cf. E. Ronchi).
3.
Una seconda icona è quella, descrittaci dall’Apocalisse, della donna vestita di sole, incinta e nelle doglie del parto, e dell’enorme drago rosso, che cerca di divorare il suo figlio. Ci dice come il pellegrinaggio sia difficile e faticoso.
Maria ci aiuta. Invochiamola, come ci invita S. Bernardo:
“Chiunque tu sia,

che nel flusso di questo tempo ti accorgi che,
più che camminare sulla terra,
stai come ondeggiando tra burrasche e tempeste,
non distogliere gli occhi dallo splendore di questa stella,
se non vuoi essere sopraffatto dalla burrasca!

Se sei sbattuto dalle onde della superbia,
dell’ambizione, della calunnia, della gelosia,

guarda la stella, invoca Maria.
Se l’ira o l’avarizia, o le lusinghe della carne
hanno scosso la navicella del tuo animo, guarda Maria.

Se turbato dalla enormità dei peccati,
se confuso per l’indegnità della coscienza,
cominci ad essere inghiottito dal baratro della tristezza
e dall’abisso della disperazione, pensa a Maria.
Non si allontani dalla tua bocca e dal tuo cuore,

e per ottenere l’aiuto della sua preghiera,
non dimenticare l’esempio della sua vita.
Seguendo lei non puoi smarrirti,
pregando lei non puoi disperare.
Se lei ti sorregge non cadi,
se lei ti protegge non cedi alla paura,
se lei ti è propizia raggiungi la mèta”.

   XX Domenica del tempo ordinario (14 agosto 2016)  

Sono venuto a gettare fuoco sulla terra


Dal Vangelo secondo Luca (Lc 12, 49-53)
In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: «Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto! Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione.
D'ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera».

Prima Lettura (Ger 38, 4-6.8-10)
Dal libro del profeta Geremia
In quei giorni, i capi dissero al re: «Si metta a morte Geremìa, appunto perché egli scoraggia i guerrieri che sono rimasti in questa città e scoraggia tutto il popolo dicendo loro simili parole, poiché quest’uomo non cerca il benessere del popolo, ma il male». Il re Sedecìa rispose: «Ecco, egli è nelle vostre mani; il re infatti non ha poteri contro di voi». Essi allora presero Geremìa e lo gettarono nella cisterna di Malchìa, un figlio del re, la quale si trovava nell’atrio della prigione. Calarono Geremìa con corde. Nella cisterna non c’era acqua ma fango, e così Geremìa affondò nel fango. Ebed-Mèlec uscì dalla reggia e disse al re: «O re, mio signore, quegli uomini hanno agito male facendo quanto hanno fatto al profeta Geremìa, gettandolo nella cisterna. Egli morirà di fame là dentro, perché non c’è più pane nella città». Allora il re diede quest’ordine a Ebed-Mèlec, l’Etiope: «Prendi con te tre uomini di qui e tira su il profeta Geremìa dalla cisterna prima che muoia».

Seconda Lettura (Eb 12, 1-4)
Dalla lettera agli Ebrei.
Fratelli, anche noi, circondati da tale moltitudine di testimoni, avendo deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento.
Egli, di fronte alla gioia che gli era posta dinanzi, si sottopose alla croce, disprezzando il disonore, e siede alla destra del trono di Dio.
Pensate attentamente a colui che ha sopportato contro di sé una così grande ostilità dei peccatori, perché non vi stanchiate perdendovi d’animo. Non avete ancora resistito fino al sangue nella lotta contro il peccato.

Omelia
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   XIX Domenica del tempo ordinario (07 agosto 2016)  

Siate pronti


Dal Vangelo secondo Luca (Lc 12, 32-48)
In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: «Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno. Vendete ciò che possedete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro sicuro nei cieli, dove ladro non arriva e tarlo non consuma. Perché, dov'è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore.
Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito. Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell'alba, li troverà così, beati loro! Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti perché, nell'ora che non immaginate, viene il Figlio dell'uomo».
Allora Pietro disse: "Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?". Il Signore rispose: «Chi è dunque l'amministratore fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così. Davvero io vi dico che lo metterà a capo di tutti i suoi averi. Ma se quel servo dicesse in cuor suo: "Il mio padrone tarda a venire" e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l'aspetta e a un'ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli infedeli. Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche. A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più.»

Prima Lettura (Sap 18, 6-9)
Dal libro della Sapienza
La notte [della liberazione] fu preannunciata ai nostri padri, perché avessero coraggio, sapendo bene a quali giuramenti avevano prestato fedeltà. Il tuo popolo infatti era in attesa della salvezza dei giusti, della rovina dei nemici. Difatti come punisti gli avversari, così glorificasti noi, chiamandoci a te. I figli santi dei giusti offrivano sacrifici in segreto e si imposero, concordi, questa legge divina: di condividere allo stesso modo successi e pericoli, intonando subito le sacre lodi dei padri.

Seconda Lettura (Eb 11, 1-2. 8-19)
Dalla lettera agli Ebrei.
Fratelli, la fede è fondamento di ciò che si spera e prova di ciò che non si vede. Per questa fede i nostri antenati sono stati approvati da Dio.
Per fede, Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava.
Per fede, egli soggiornò nella terra promessa come in una regione straniera, abitando sotto le tende, come anche Isacco e Giacobbe, coeredi della medesima promessa. Egli aspettava infatti la città dalle salde fondamenta, il cui architetto e costruttore è Dio stesso.
Per fede, anche Sara, sebbene fuori dell'età, ricevette la possibilità di diventare madre, perché ritenne degno di fede colui che glielo aveva promesso. Per questo da un uomo solo, e inoltre già segnato dalla morte, nacque una discendenza numerosa come le stelle del cielo e come la sabbia che si trova lungo la spiaggia del mare e non si può contare.
Nella fede morirono tutti costoro, senza aver ottenuto i beni promessi, ma li videro e li salutarono solo da lontano, dichiarando di essere stranieri e pellegrini sulla terra. Chi parla così, mostra di essere alla ricerca di una patria. Se avessero pensato a quella da cui erano usciti, avrebbero avuto la possibilità di ritornarvi; ora invece essi aspirano a una patria migliore, cioè a quella celeste. Per questo Dio non si vergogna di essere chiamato loro Dio. Ha preparato infatti per loro una città.
Per fede, Abramo, messo alla prova, offrì Isacco, e proprio lui, che aveva ricevuto le promesse, offrì il suo unigenito figlio, del quale era stato detto: «Mediante Isacco avrai una tua discendenza». Egli pensava infatti che Dio è capace di far risorgere anche dai morti: per questo lo riebbe anche come simbolo.

Omelia
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   XVIII Domenica del tempo ordinario (31 luglio 2016)  

Anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede


Dal Vangelo secondo Luca (Lc 12, 13-21)
In quel tempo, uno della folla gli disse: “Maestro, di' a mio fratello che divida con me l'eredità”. Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?». E disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell'abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede».
Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? Farò così – disse -: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; riposati, mangia, bevi e divèrtiti!”.
Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio».

Prima Lettura (Qo 1, 2; 2, 21-23)
Dal libro del Qoèlet
Vanità delle vanità, dice Qoèlet,
vanità delle vanità: tutto è vanità.
Chi ha lavorato con sapienza, con scienza e con successo dovrà poi lasciare la sua parte a un altro che non vi ha per nulla faticato. Anche questo è vanità e un grande male.
Infatti, quale profitto viene all'uomo da tutta la sua fatica e dalle preoccupazioni del suo cuore, con cui si affanna sotto il sole? Tutti i suoi giorni non sono che dolori e fastidi penosi; neppure di notte il suo cuore riposa. Anche questo è vanità!


Seconda Lettura (Col 3, 1-5. 9-11)
Dalla lettera di San Paolo apostolo ai Colossesi.
Fratelli, se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra.
Voi infatti siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio! Quando Cristo, vostra vita, sarà manifestato, allora anche voi apparirete con lui nella gloria.
Fate morire dunque ciò che appartiene alla terra: impurità, immoralità, passioni, desideri cattivi e quella cupidigia che è idolatria.
Non dite menzogne gli uni agli altri: vi siete svestiti dell'uomo vecchio con le sue azioni e avete rivestito il nuovo, che si rinnova per una piena conoscenza, ad immagine di Colui che lo ha creato.
Qui non vi è Greco o Giudeo, circoncisione o incirconcisione, barbaro, Scita, schiavo, libero, ma Cristo è tutto e in tutti.

Omelia
1. Gesù ci mette in guardia oggi dall’avarizia (dal verbo aveo, desiderare avidamente). Il filosofo greco Democrito diceva che “gli avari si possono paragonare alle api. Lavorano come se vivessero in eterno”. Essi hanno l’impulso ad accumulare sempre di più, lavorano con accanimento, non riescono a riposarsi e a godersi la vita. In definitiva, essi non vivono; corrono, si sforzano, accumulano, ma non vivono. Il loro dio è l’attaccamento smodato alle ricchezze (o al lavoro, o allo studio). Esso è l’anti-dio, tanto che Gesù arriva a dire: “Nessuno può servire a due padroni: o odierà l’uno e amerà l’altro, o preferirà l’uno e disprezzerà l’altro: non potete servire a Dio e a mammona” (Mt 6, 24).
2.
Come fare a combattere l’avarizia, liberando in noi la gioia di custodire con sapienza le creature di Dio? Non è prima di tutto una questione di rinunce da fare, ma di consapevolezza nuova da avere. E’ necessario essere un po’ poeti, un po’ mistici, un po’ innamorati e allora lo Spirito di Dio potrà fare breccia dentro di noi; ci aiuterà a cambiare le proporzioni delle cose e a sciogliere le catene che ci tengono avvinghiati agli idoli.
Può essere utile domandarci qual è la mèta della nostra vita: “Dove sto andando? Cosa sto cercando?”. Se rispondere a questa domanda ci risulta troppo difficile, allora può aiutarci un altro esercizio: “Immaginiamo di avere solo un giorno di vita e di stare per tornare al Creatore. Cosa vorremmo cambiare? Cosa fare? Che impronta lasciare in questo mondo?”. Questo esercizio ci aiuta a diventare più consapevoli, a smascherare gli idoli che rendono affannosa la nostra esistenza, a ritrovare l’essenziale. Ma anche semplicemente la preghiera silenziosa davanti all’Eucaristia potrà aiutarci nel processo di liberazione del nostro cuore e di trasformazione della nostra vita.
3.
Sciolti i lacci dell’avarizia, noi potremo liberare in noi la gioia di custodire con sapienza le creature di Dio. Si tratta di usare con rispetto dei beni di questo mondo, sapendo che non ci appartengono; di considerare gli abiti, il cibo, la casa, il denaro come un mezzo per vivere, non come il fine assoluto della nostra esistenza; di impegnarci con il nostro lavoro e il nostro studio a rendere migliore il mondo. Al massimo del nostro processo di liberazione noi non saremo attaccati a nulla, ma possederemo ogni cosa.
Un giorno, un saggio ha lasciato scritto: “Il vero senso della vita consiste nel piantare alberi alla cui ombra probabilmente non siederemo mai”. Questo vuol dire “custodire” il creato che ci è affidato; non solo per quanto riguarda gli alberi, ma per ogni cosa che ci è donata, compresa la nostra stessa vita. I grandi uomini… hanno piantato alberi di cui non hanno mai visto le vere dimensioni. Hanno costruito cattedrali di cui non hanno vissuto la completa realizzazione. Ma hanno avuto un sogno che ha cambiato il futuro. I frutti del loro lavoro sono stati raccolti generazioni dopo di loro. La vera grandezza è dimostrata … da chi si impegna con tutte le sue forze in progetti i cui frutti verranno goduti da altri (A. Grün, Il libro dell’arte della vita, p. 90).
4.
Questo discorso sulla custodia del creato vale ancor di più per la custodia delle persone che incontriamo sul nostro cammino.
Anche qui, la dinamica dell’avarizia ci spingerebbe ad aggrapparci, a trattenere, a possedere. Un rapporto di coppia, una relazione tra amici in cui uno si aggrappa all’altro, a lungo andare fallisce. Il rapporto con l’altro esiste solo se uno abbandona la presa sull’altro e lo lascia libero.
Noi ci aggrappiamo all’altro perché non vogliamo perderlo, perché ci aspettiamo da lui pienezza, gioia, amore, illudendoci che egli possa saziare la nostra fame e la nostra sete. Ma nessun essere umano può donarci qualcosa di assoluto; nessuna creatura può offrirci ciò che appartiene a Dio. Il dimenticarlo ci porta a soffocare l’altro con le nostre aspettative, a infrangere le nostre relazioni. Dobbiamo invece essere grati dell’amore che l’altro ci dà, sapendo che non è infinito e che non possiamo trattenerlo. Rimarremo così aperti a Dio e il fluire del suo amore in noi ci rinnoverà continuamente e caricherà di significato nuovo e di energia nuova tutte le nostre relazioni.

   XVII Domenica del tempo ordinario (24 luglio 2016)  

Quando pregate, dite


Dal Vangelo secondo Luca (Lc 11, 1-13)
Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite:
"Padre,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno;
dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano,
e perdona a noi i nostri peccati,
anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore,
e non abbandonarci alla tentazione"».
Poi disse loro: «Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: "Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli"; e se quello dall'interno gli risponde: "Non m'importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani", vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono.
Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto.
Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!».

Prima Lettura (Gn 18, 20-32)
Dal libro della Genesi
In quei giorni, disse il Signore: «Il grido di Sòdoma e Gomorra è troppo grande e il loro peccato è molto grave. Voglio scendere a vedere se proprio hanno fatto tutto il male di cui è giunto il grido fino a me; lo voglio sapere!».
Quegli uomini partirono di là e andarono verso Sòdoma, mentre Abramo stava ancora alla presenza del Signore.
Abramo gli si avvicinò e gli disse: «Davvero sterminerai il giusto con l'empio? Forse vi sono cinquanta giusti nella città: davvero li vuoi sopprimere? E non perdonerai a quel luogo per riguardo ai cinquanta giusti che vi si trovano? Lontano da te il far morire il giusto con l'empio, così che il giusto sia trattato come l'empio; lontano da te! Forse il giudice di tutta la terra non praticherà la giustizia?». Rispose il Signore: «Se a Sòdoma troverò cinquanta giusti nell'ambito della città, per riguardo a loro perdonerò a tutto quel luogo».
Abramo riprese e disse: «Vedi come ardisco parlare al mio Signore, io che sono polvere e cenere: forse ai cinquanta giusti ne mancheranno cinque; per questi cinque distruggerai tutta la città?». Rispose: «Non la distruggerò, se ve ne troverò quarantacinque».
Abramo riprese ancora a parlargli e disse: «Forse là se ne troveranno quaranta». Rispose: «Non lo farò, per riguardo a quei quaranta». Riprese: «Non si adiri il mio Signore, se parlo ancora: forse là se ne troveranno trenta». Rispose: «Non lo farò, se ve ne troverò trenta». Riprese: «Vedi come ardisco parlare al mio Signore! Forse là se ne troveranno venti». Rispose: «Non la distruggerò per riguardo a quei venti». Riprese: «Non si adiri il mio Signore, se parlo ancora una volta sola: forse là se ne troveranno dieci». Rispose: «Non la distruggerò per riguardo a quei dieci».


Seconda Lettura (Col 2, 12-14)
Dalla lettera di San Paolo apostolo ai Colossesi.
Fratelli, con Cristo sepolti nel battesimo, con lui siete anche risorti mediante la fede nella potenza di Dio, che lo ha risuscitato dai morti.
Con lui Dio ha dato vita anche a voi, che eravate morti a causa delle colpe e della non circoncisione della vostra carne, perdonandoci tutte le colpe e annullando il documento scritto contro di noi che, con le prescrizioni, ci era contrario: lo ha tolto di mezzo inchiodandolo alla croce.

Omelia

1.
A livello di contenuti, il Signore ci insegna il “Padre nostro”, la preghiera dei figli e dei fratelli che raccoglie tutte le preghiere. In essa, infatti, non solo vengono domandate tutte le cose che possiamo rettamente desiderare, ma anche nell’ordine in cui devono essere desiderate. Il giornalista Luigi Accattoli, nel suo commento al Padre nostro, scrive che “comunicandoci per contagio i sentimenti di Gesù, il Padre nostro ci invita a pensare l’impensato e a cercare l’introvabile: il Regno che viene, il pane per tutti, la liberazione dal male e dal maligno. Chi lo recita ogni giorno come fosse la prima e l’ultima volta viene avviato a un’esperienza simile a quella dei mistici, che si inabissano in Dio” (L. Accattoli, Il Padre nostro e il desiderio di essere figli, EDB, Bologna 2005, pp. 60-61).

2. Ci sono due malattie che possono far morire la preghiera:
a) La prima malattia è la superstizione. “Pregando, non sprecate parole come i pagani: essi credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno ancor prima che gliele chiediate” (Mt 6, 7-8). La preghiera è solo uno strumento che serve per metterci in contatto con Dio; non ha valore in sé, ma nella misura in cui ci fa da veicolo verso Dio. Non è la ripetizione di formule magiche che ottiene la trasformazione del mondo, ma la relazione che attraverso la preghiera viene a stabilirsi tra noi che preghiamo e Dio.
b) La seconda malattia è l’incoerenza, la distanza scandalosa tra il contenuto della preghiera e l’agire concreto. Dopo aver insegnato il Padre Nostro, Gesù conclude: “Se voi infatti perdonerete agli altri le loro colpe, il Padre vostro che è nei cieli perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli altri, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe” (Mt 6, 14).

3. Ma, ammesso che la nostra preghiera sia senza malattie, è proprio vero che essa sia efficace? Possiamo davvero intervenire sull’andamento delle cose e indurre Dio a modificare le sue decisioni? Sull’efficacia della preghiera, è interessante un’intuizione di un antico scrittore cristiano, Origene. Mentre noi, egli dice, siamo soggetti a categorie temporali, Dio è al di là di ogni tempo e, dunque, nel suo cuore eterno è presente sia la nostra preghiera che il suo esaudimento. La nostra preghiera infatti, entrando nell’eternità, fa un tutt’uno con le decisioni divine; addirittura essa risuona fin dall’inizio insieme con la parola creatrice di Dio.

Nessuna preghiera rimane disattesa da Dio. Come insegnava Meister Eckart, “Dio non può che dare se stesso. Non può dare nulla che sia meno di se stesso. Ma dandoci se stesso, Dio ci dà tutto”.

   Omelia del 17 luglio 2016

Ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c'è bisogno


Dal Vangelo secondo Luca (Lc 10, 38-42)
In quel tempo, mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò.
Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi.
Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t'importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c'è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».

Prima Lettura (Gn 18, 1-10)
Dal libro della Genesi
In quei giorni, il Signore apparve ad Abramo alle Querce di Mamre, mentre egli sedeva all'ingresso della tenda nell'ora più calda del giorno.
Egli alzò gli occhi e vide che tre uomini stavano in piedi presso di lui. Appena li vide, corse loro incontro dall'ingresso della tenda e si prostrò fino a terra, dicendo: «Mio signore, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, non passare oltre senza fermarti dal tuo servo. Si vada a prendere un po' d'acqua, lavatevi i piedi e accomodatevi sotto l'albero. Andrò a prendere un boccone di pane e ristoratevi; dopo potrete proseguire, perché è ben per questo che voi siete passati dal vostro servo». Quelli dissero: «Fa' pure come hai detto».
Allora Abramo andò in fretta nella tenda, da Sara, e disse: «Presto, tre sea di fior di farina, impastala e fanne focacce». All'armento corse lui stesso, Abramo; prese un vitello tenero e buono e lo diede al servo, che si affrettò a prepararlo. Prese panna e latte fresco insieme con il vitello, che aveva preparato, e li porse loro. Così, mentre egli stava in piedi presso di loro sotto l'albero, quelli mangiarono.
Poi gli dissero: «Dov'è Sara, tua moglie?». Rispose: «È là nella tenda». Riprese: «Tornerò da te fra un anno a questa data e allora Sara, tua moglie, avrà un figlio».


Seconda Lettura (Col 1, 24-28)
Dalla lettera di San Paolo apostolo ai Colossesi.
Fratelli, sono lieto nelle sofferenze che sopporto per voi e do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa.
Di essa sono diventato ministro, secondo la missione affidatami da Dio verso di voi di portare a compimento la parola di Dio, il mistero nascosto da secoli e da generazioni, ma ora manifestato ai suoi santi.
A loro Dio volle far conoscere la gloriosa ricchezza di questo mistero in mezzo alle genti: Cristo in voi, speranza della gloria. È lui infatti che noi annunciamo, ammonendo ogni uomo e istruendo ciascuno con ogni sapienza, per rendere ogni uomo perfetto in Cristo.

Omelia
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   Omelia del 10 luglio 2016

Il buon samaritano


Dal Vangelo secondo Luca (Lc 10, 25-37)
In quel tempo, un dottore della Legge si alzò per mettere alla prova Gesù e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». Gli disse: «Hai risposto bene; fa' questo e vivrai».
Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gèrico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levìta, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all'albergatore, dicendo: "Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno". Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va' e anche tu fa' così».

Prima Lettura (Dt 30, 10-14)
Dal libro del Deuteronomio
Mosè parlò al popolo dicendo:
«Obbedirai alla voce del Signore, tuo Dio, osservando i suoi comandi e i suoi decreti, scritti in questo libro della legge, e ti convertirai al Signore, tuo Dio, con tutto il cuore e con tutta l'anima.
Questo comando che oggi ti ordino non è troppo alto per te, né troppo lontano da te. Non è nel cielo, perché tu dica: "Chi salirà per noi in cielo, per prendercelo e farcelo udire, affinché possiamo eseguirlo?". Non è di là dal mare, perché tu dica: "Chi attraverserà per noi il mare, per prendercelo e farcelo udire, affinché possiamo eseguirlo?". Anzi, questa parola è molto vicina a te, è nella tua bocca e nel tuo cuore, perché tu la metta in pratica».


Seconda Lettura (Col 1, 15-20)
Dalla lettera di San Paolo apostolo ai Colossesi.
Cristo Gesù è immagine del Dio invisibile, primogenito di tutta la creazione, perché in lui furono create tutte le cose nei cieli e sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili: Troni, Dominazioni, Principati e Potenze.
Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui.
Egli è prima di tutte le cose e tutte in lui sussistono.
Egli è anche il capo del corpo, della Chiesa.
Egli è principio, primogenito di quelli che risorgono dai morti, perché sia lui ad avere il primato su tutte le cose.
È piaciuto infatti a Dio che abiti in lui tutta la pienezza e che per mezzo di lui e in vista di lui siano riconciliate tutte le cose, avendo pacificato con il sangue della sua croce sia le cose che stanno sulla terra, sia quelle che stanno nei cieli.

Omelia
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   Omelia del 3 luglio 2016

La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe


Dal Vangelo secondo Luca (Lc 10, 1-12.17-20)
In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi.
Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada.
In qualunque casa entriate, prima dite: "Pace a questa casa!". Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all'altra.
Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: "È vicino a voi il regno di Dio". Ma quando entrerete in una città e non vi accoglieranno, uscite sulle sue piazze e dite: "Anche la polvere della vostra città, che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi; sappiate però che il regno di Dio è vicino". Io vi dico che, in quel giorno, Sòdoma sarà trattata meno duramente di quella città».
I settantadue tornarono pieni di gioia, dicendo: «Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome». Egli disse loro: «Vedevo Satana cadere dal cielo come una folgore. Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra serpenti e scorpioni e sopra tutta la potenza del nemico: nulla potrà danneggiarvi. Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli».

Prima Lettura (Is 66, 10-14)
Dal libro del profeta Isaia
Rallegratevi con Gerusalemme, esultate per essa tutti voi che l'amate.
Sfavillate con essa di gioia tutti voi che per essa eravate in lutto.
Così sarete allattati e vi sazierete al seno delle sue consolazioni; succhierete e vi delizierete al petto della sua gloria.
Perché così dice il Signore: «Ecco, io farò scorrere verso di essa, come un fiume, la pace; come un torrente in piena, la gloria delle genti.
Voi sarete allattati e portati in braccio, e sulle ginocchia sarete accarezzati.
Come una madre consola un figlio, così io vi consolerò; a Gerusalemme sarete consolati.
Voi lo vedrete e gioirà il vostro cuore, le vostre ossa saranno rigogliose come l'erba.
La mano del Signore si farà conoscere ai suoi servi».


Seconda Lettura (Gal 6, 14-18)
Dalla lettera di San Paolo apostolo ai Gàlati.
Fratelli, quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo.
Non è infatti la circoncisione che conta, né la non circoncisione, ma l'essere nuova creatura. E su quanti seguiranno questa norma sia pace e misericordia, come su tutto l'Israele di Dio.
D'ora innanzi nessuno mi procuri fastidi: io porto le stigmate di Gesù sul mio corpo.
La grazia del Signore nostro Gesù Cristo sia con il vostro spirito, fratelli. Amen.

Omelia
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   Omelia del 26 giugno 2016

Nessuno che mette mano all'aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio


Dal Vangelo secondo Luca (Lc 9, 51-62)
Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme e mandò messaggeri davanti a sé.
Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per preparargli l'ingresso. Ma essi non vollero riceverlo, perché era chiaramente in cammino verso Gerusalemme. Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?». Si voltò e li rimproverò. E si misero in cammino verso un altro villaggio.
Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada». E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo».
A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va' e annuncia il regno di Dio».
Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all'aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio».

Prima Lettura (1 Re 19, 16. 19-21)
Dal primo libro dei Re
In quei giorni, il Signore disse a Elìa: «Ungerai Eliseo, figlio di Safat, di Abel-Mecolà, come profeta al tuo posto».
Partito di lì, Elìa trovò Eliseo, figlio di Safat. Costui arava con dodici paia di buoi davanti a sé, mentre egli stesso guidava il dodicesimo. Elìa, passandogli vicino, gli gettò addosso il suo mantello.
Quello lasciò i buoi e corse dietro a Elìa, dicendogli: «Andrò a baciare mio padre e mia madre, poi ti seguirò». Elìa disse: «Va' e torna, perché sai che cosa ho fatto per te».
Allontanatosi da lui, Eliseo prese un paio di buoi e li uccise; con la legna del giogo dei buoi fece cuocere la carne e la diede al popolo, perché la mangiasse. Quindi si alzò e seguì Elìa, entrando al suo servizio.


Seconda Lettura (Gal 5, 1. 13-18)
Dalla lettera di San Paolo apostolo ai Gàlati.
Fratelli, Cristo ci ha liberati per la libertà! State dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù.
Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati a libertà. Che questa libertà non divenga però un pretesto per la carne; mediante l'amore siate invece a servizio gli uni degli altri. Tutta la Legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto: «Amerai il tuo prossimo come te stesso». Ma se vi mordete e vi divorate a vicenda, badate almeno di non distruggervi del tutto gli uni gli altri!
Vi dico dunque: camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare il desiderio della carne. La carne infatti ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste.
Ma se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete sotto la Legge.

Omelia
Dalla Galilea, Gesù si diresse decisamente verso Gerusalemme, la Città Santa, là dove si sarebbe compiuta la sua "assunzione" alla Croce e alla Gloria. Egli, come il Servo di Javhè, davanti alle sofferenze che lo attendevano "rese duro il suo volto", atteggiamento che dice la sua piena accettazione della missione che gli era affidata e la sua totale fiducia nel Padre che lo avrebbe salvato.
Il viaggio di Gesù verso Gerusalemme non è prima di tutto geografico - sarebbe impossibile seguirlo su di una carta geografica -, ma spirituale. E' il suo "esodo" da questo mondo al Padre (cf Lc 9,31), un viaggio che ogni discepolo deve compiere se vuole avere parte con Gesù.
1.
Ogni discepolo, all'inizio del suo itinerario verso Gerusalemme, avverte il fascino straordinario di Gesù e del suo messaggio, si sente pieno di entusiasmo e pronto a dire con l'oscuro discepolo del Vangelo: "Ti seguirò dovunque tu vada". Anche Pietro, quando ancora non aveva compreso pienamente cosa significasse seguire il Maestro, aveva esclamato: "Signore, con te sono pronto ad andare in prigione e alla morte" (Lc 22, 33).
È normale e salutare che la prima stagione della vita spirituale sia bella, fiorita, ricca di promesse, in cui, certo, si avvertono le difficoltà, ma si pensa che con la grazia di Dio e un po' di buona volontà si riuscirà a superarle tutte facilmente. Al discepolo della prima ora non sembra che seguire il Signore presenti delle difficoltà insormontabili.
2.
Con il passare del tempo, però, le esigenze di una vita comoda, il desiderio di cose ragionevoli e raccomandate dall' ambiente in cui si vive - come sono, per esempio, "seppellire il padre" o "congedarsi da quelli di casa" - diventano molto forti. Così pure, divengono brucianti le incomprensioni o addirittura l'aperta opposizione dei Samaritani di sempre, di coloro cioè che si oppongono al compimento della missione di Gesù a Gerusalemme.
I quadretti dipinti da Luca fanno riferimento, al di là delle specifiche situazioni concrete che descrivono, a tutto ciò che ritarda o fa deviare il viaggio dei discepoli verso Gerusalemme. Si tratta di tentazioni della carne e dello spirito, continuamente in agguato per snervare e intorpidire la decisione di seguire Gesù; si tratta di "pressioni" del mondo che vogliono far apparire insignificante o ridicolo il messaggio del Vangelo.
Il viaggio del discepolo, che all'inizio appariva facile e veloce, comincia man mano a rallentare e a fare i conti con il peso e la fatica. A questo punto, è possibile lo scoraggiamento, con la tentazione realistica di voltarsi indietro e di abbandonare la partita. E' inoltre facile il rischio di cedere alla mediocrità. Visto che vivere come mi chiede il Signore è impossibile, allora trovo un modus vivendi accettabile; rinuncio alla

radicalità, all'eroismo, alla santità della vita, senza comunque dare scandalo, e contentandomi di una onesta e dignitosa via di mezzo.
3.
Cos'è che fa fare il salto di qualità del discepolato, che fa scattare la decisione di "rendere duro il proprio volto" e di andare fino in fondo, che fa accettare le esigenze di Gesù fino alle sue estreme conseguenze? Cos'è che ha la forza di spingere il discepolo ad andare avanti, nonostante tutto, nel proprio "esodo" dalla Galilea a Gerusalemme?
La risposta è di quelle che sorprendono per la loro evidenza e semplicità; eppure è una risposta che generalmente non si trova subito, all'inizio del cammino, ma solo dopo tanta esperienza di vita. Eccola: si può seguire Gesù solo con Gesù. Per comprendere la portata di questa verità, bisogna aver sperimentato che non c'è nulla su cui poter poggiare i piedi: non i beni, non le doti, non il lavoro o lo studio, neanche le relazioni. Nulla! Solo il Signore, solo il suo Amore!
Quando avremo avuto il coraggio di fare il salto della fede e di affidarci a Gesù contro ogni speranza, allora comprenderemo che con Gesù è possibile vivere nella gioia, sperimentare l'amore, nutrire la speranza. Ci accorgeremo che è possibile vivere le beatitudini evangeliche, essere poveri, casti e misericordiosi, ritrovarsi in tutte le esigenze poste da Gesù.